leNOTIZIE

PERSONALE SANITARIO COSA SI PUÒ COMINCIARE A FARE PER LA CARENZA

PERSONALE SANITARIO COSA SI PUÒ COMINCIARE A FARE PER LA CARENZA

Il titolo dell'intervento di Giuseppe Milanese sulle colonne del Corriere della Sera

Categorie: in PRIMO piano

Tags:

 

In attesa di riforme che richiedono tempo si può adeguare la formazione di professionalità presenti
di Giuseppe Milanese* *Presidente Confcooperative Sanità

Per l’Assistenza Domiciliare Integrata sarebbe importante disporre di Operatori Socio Sanitari a elevata specializzazione su tutto il territorio nazionale.

Una casa disabitata si riduce a quattro mura in piedi. Una scuola priva di docenti è una comune sterile. Una caserma che manca di soldati diventa il simbolo della resa. Il sillogismo vale anche per la sanità, nelle diverse articolazioni in cui deve servire la comunità di un Paese. Il recente Rapporto CREA (Centro per la Ricerca Economica Applicata in Sanità dell’Università di Roma Tor Vergata), studio giunto alla 18° edizione, illustra proprio questo crinale: «Senza riforme e crescita, Ssn sull’orlo della crisi». Su quell’orlo è cruciale la questione del personale, dibattuta ormai innumerevoli volte nel corso degli anni stravolti dal Covid e poi fino ai nostri giorni. I dati sono impressionanti: perché l’Italia si adegui ai cosiddetti «Paesi benchmark», si dovrà colmare un vuoto di 30 mila medici e 250 mila infermieri. E ciò stando all’attuale assetto sanitario, incentrato sull’ospedale e quindi non ancora equipartito tra assistenza ospedaliera (a cui destinare le acuzie) e assistenza primaria o territoriale (deputata a curare le cronicità). È evidente che quella che fino ad ora è stata considerata un’urgenza all’italiana, della categoria delle urgenze permanenti sarà a stretto giro superata da un grado ulteriore di pressione, anche per l’impatto che avrà il Ddl delega per gli anziani, encomiabilmente approvato dal Governo lo scorso 19 gennaio in attuazione del Pnrr. Nel testo è indicata tra le priorità l’assistenza domiciliare, punctum dolens del sistema della salute italiano, diventando spiccatamente difficile assistere i malati a casa se non si dispone di operatori sanitari.Acclarato che all’Italia mancano medici e infermieri per le cure ospedaliere, assodato che ne mancheranno molti di più per strutturare un adeguato sistema di cure domiciliari, come si risolve un così grande problema? Cassando i test di ammissione alla facoltà di Medicina, dischiudendo le porte delle scuole di specializzazione, invogliando professionisti sanitari con i tanto attesi aumenti di stipendio? Iniziative certo necessarie, ma non immediatamente risolutive. Mentre la Fnopi (Federazione Nazionale Ordini e Professioni) si attrezza intelligentemente per delineare un’autoriforma radicale, tarando ruolo e funzioni dell’infermiere verso una super specializzazione, si provveda in parallelo a normare la formazione dell’operatore sociosanitario specializzato (Osss), per il quale il perfezionamento sia utile a farsi carico delle funzioni infermieristiche di base, così come già accade in alcune regioni italiane.

Un processo qualificante che andrebbe focalizzato tanto sulla professionalizzazione tecnica, quanto sull’umanizzazione delle cure e che sbroglierebbe la matassa nel breve periodo, consentendo all’Italia di allinearsi ai Paesi più evoluti e restituire dignità ad una generazione che merita rispetto.

fonte: Corriere

 


Tag: