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Milanese LTC6

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Una strategia della sussidiarietà per riformare l’assistenza territoriale

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Tags: Milanese ,   Long term care

Il presidente di Confcooperative Sanità è intervenuto questa mattina nel corso di “Long Term Care Six – Gli Stati Generali dell’Assistenza a lungo termine”, la due giorni organizzata da Italia Longeva Giuseppe Milanese è intervenuto questa mattina nel corso di “Long Term Care Six – Gli Stati Generali dell’Assistenza a lungo termine”, la due giorni organizzata da Italia Longeva, prevista oggi e domani a Roma presso l’Auditorium del ministero della Salute e online. Partecipando alla tavola rotonda intitolata “Il paziente fragile con patologie a decorso cronico al centro della riorganizzazione del territorio: sfide professionali, punti di vista e proposte”, il presidente di OSA e di Confcooperative Sanità è partito da una profonda analisi del PNRR e delle risorse in esso contenute, per poi illustrare la vision del mondo cooperativo e del Terzo Settore che comprende tutti i passaggi necessari per una rimodulazione dell’assistenza territoriale.

“Con il PNRR nascono nuove strutture che sono inserite in alcuni modelli regionali”, ha detto Milanese, “penso alla Toscana e all’Emilia per le case delle comunità e al Veneto per gli ospedali di comunità. Nelle altre regioni invece c’è poco. Ben vengano queste strutture se rendono più prossima l’assistenza ai cittadini sul territorio, ma il punto è chiarire come sostenere i costi aggiuntivi quando saranno a regime. Si gioca tutto sulla governance del sistema, sulle risorse aggiuntive impiegate e sulla capacità di generare risparmi sugli altri livelli assistenziali”. 

Tra le criticità da affrontare, secondo il presidente Milanese c’è quella relativa alla stratificazione dei bisogni dei pazienti assistiti in domiciliare. “Non si può parlare dell’ADI come dell’assistenza ospedaliera in generale”, ha ricordato, “Dallo studio del PNRR ci accorgiamo che rischiamo l’effetto Pollo di Trilussa. Vediamo, ad esempio, che il 60% dei pazienti è stato individuato nella categoria che dovrebbe fruire di 12 ore l’anno di assistenza. Però se si divide il budget medio di 216 euro per 12 ore, la cifra oraria che viene fuori non è sostenibile”. Il rischio è quello di “una riforma senza braccia che non si realizzerà mai”. “Se vogliamo arrivare alle 923mila persone assistite per 240 ore annue, occorrono 112mila nuovi professionisti, considerando anche che in questo Paese vengono formati 17.500 infermieri ogni anno e circa 9.000 vanno in pensione”, ha ricordato Milanese.

“C’è un gap assistenziale importante che può essere colmato da nuove figure professionali socio-sanitarie come l’Operatore Socio Sanitario Specializzato”. In questo quadro bisogna però anche stabilire il metodo. “Quale metodo vogliamo usare?”, si è chiesto il presidente di OSA e di Confcooperative Sanità, “nella nostra visione è lo Stato a programmare e a controllare e sono i soggetti accreditati ad occuparsi dell’erogazione dell’assistenza secondo il principio di sussidiarietà contenuto nell’articolo 118 della Costituzione”. Cosa serve quindi per riorganizzare concretamente l’assistenza sul territorio? “Oserei dire che è necessaria una legge delega che riformi questo sistema ristabilendo gli equilibri. Innanzitutto, e questo è il paradigma che noi abbiamo definito delle 5R, definendo una regia unica nazionale e regole certe ed omogenee che, nel rispetto delle autonomie regionali, diano risposte ai diritti delle persone con fragilità, cronicità, disabilità e non autosufficienza”. Pur riconoscendo che sono stati compiuti passi in avanti importanti come l’abbandono della logica delle gare d’appalto, secondo Milanese c’è ancora molto da fare sul fronte delle reti integrate multiprofessionali. “Noi oggi abbiamo un sistema territoriale come quello che unisce le cooperative sociosanitarie e i medici di medicina generale e le farmacie dei servizi che sono un luogo ben visibile ai cittadini e potrebbero dare informazioni su come orientarsi in un sistema complesso come quello dell’assistenza primaria. Infine è indispensabile definire ruoli chiari su chi eroga e chi controlla ed avere rigore nella misurazione degli outcome di salute”. Al paradigma delle 5R coniato da Confcooperative Sanità vanno poi aggiunte due R che sono rappresentate dalle risorse e dai rischi. “Senza un’analisi approfondita delle risorse”, ha ribadito con forza Milanese, “non si può fare nessuna riforma territoriale e il rischio è che da un’opportunità si possa arrivare ad una contrapposizione sulle risorse e sul personale con il pericolo di desertificare aree assistenziali già fragili”.