“Innanzitutto crediamo che il PNRR vada ripensato, non servono nuove strutture se non ci sono risorse umane per farle funzionare. Lo Stato però, la soluzione ce l’ha sotto gli occhi e si chiama sussidiarietà.
Occorre allineare l’assistenza domiciliare, dagli avvilenti livelli attuali, agli standard europei: 10% degli over 65 in carico per 15-20 ore mese. Ma per far questo servono oltre 100.000 operatori, e dove trovarli? Serve, per questo, costruire un nuovo profilo sanitario, di supporto agli infermieri che possa operare nei settori dell’assistenza primaria, domicilio compreso.
Ma per fare assistenza domiciliare di qualità servono soprattutto regole e requisiti. Siamo riusciti a far passare nel 2020 la logica dell’accreditamento e, a due anni di distanza, solo 4 regioni si sono adeguate. Questo è inaccettabile.
Come inaccettabile è pensare a riforme che possono incrementare le diseguaglianze di accesso ai servizi, in un Paese in cui tali disparità sono già una triste realtà. Per questo chiediamo una regia nazionale unica per l’assistenza ai più fragili, in particolare per gli anziani ed i non-autosufficienti. Su questo il DdL di riforma approvato dal precedente Governo è un’ottima base di partenza.
Infine, come erogatori privati, non possiamo esimerci dal chiedere un aggiornamento delle tariffe, perché svolgiamo una funzione pubblica e anche i nostri professionisti hanno diritto di vedersi riconosciuto il proprio impegno. Ma questo, per noi, è difficile con tariffe ferme da anni”
“Bisogna prendere di petto, tutti insieme queste sei grandi questioni. Insieme - ha concluso il Presidente di Confcooperative Sanità- perché se ci dividiamo falliremo, con un grave pericolo che il sistema pubblico, questa volta, salti sul serio. E se salta il SSN il rischio di privatizzazione selvaggia sarà un rischio concreto.”