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Riflessione sul RAPPORTO MERIDIANO SANITÀ 2018

Categorie: in PRIMO piano

Tags: SSN ,   Meridiano Sanità

Il XIII rapporto Meridiano sanità merita qualche sintetica considerazione. Non è una novità vedere il sistema sanitario italiano posizionarsi nei primi o posti in graduatoria utilizzando i tradizionali indicatori di valutazione, mentre si accendano spie di allarme su difetti molto gravi, tra i quali la debolezza della prevenzione nella quale investiamo si e no il 4.5 % delle risorse, mentre, tutte le evidenza stanno a dimostrare che un miliardo in più destinato alla prevenzione ridurrebbe la spesa per le cure di almeno 3 miliardi. 

Oltre che per le parti in cui propone tra i correttivi da apportare temi che sono nell'agenda strategica anche della Confcooperative Sanità, quali: il rafforzamento delle cure primarie e della medicina generale per la presa in carico, con particolare attenzione alle persone fragili, alle patologie croniche e alla non autosufficienza, il Rapporto va evidenziato proprio per questa indicazione che attiene al modello allocativo delle risorse, ma in realtà denuncia un difetto genetico e strutturale del SSN che facciamo finta di ignorare.

Nato per tutelare la salute secondo la volontà della Costituzione, il SSN ha declinato questo compito come una missione che approccia la salute dal punto di vista della cura delle malattie - dominio incontrastato della medicina - spingendolo ad inseguire irrazionalmente una domanda individuale di beni e servizi di matrice consumistica trascurando l'efficacia dell'azione preventiva sui fattori che determinano l'insorgere della malattia. 

Siamo entrati nel pieno della stagione della celebrazione del 40° anno del SSN. Le categorie professionali ed i tecnici del management si confrontano e lanciano messaggi talvolta dissonanti tra loro il cui fattore K mi sembra essere tutto sommato quello della richiesta di maggiori finanziamenti, mentre del tutto insufficiente resta la volontà di impegnarsi nell'innovazione organizzativa. Io credo che di questo passo il sistema, frantumato in una selva di interessi particolari, rischia di sprofondare nella insostenibilità e di crollare.  

Ci si chiede se non sia giunto il momento di smetterla con la manutenzione ordinaria e straordinaria di una macchina nata vecchia e divenuta chiaramente inadeguata e se non sia ora di cominciare a pensare alla costruzione di una macchina nuova, progettata non solo e non tanto per curare le malattie e le non autosufficienze, bruciando risorse preziose, che potrebbero essere meglio impiegate per contrastare la malattia intervenendo pro-attivamente sui fattori economici (reddito, lavoro, fisco), ambientali (aria, acqua, suolo, urbanizzazione, abitazione) e sociali (istruzione, comunicazione, stili di vita, relazioni), che della malattia e della non autosufficienza sono le cause dirette o indirette. 

L'idea non è nuova. 

Poggia sulla cultura igienistica e sugli insegnamenti dell'OMS. Non crediamo di trovare su di essa troppi consensi, perché troppo filosofica e difficilissima da tradurre in un impianto istituzionalizzato compatibile con il nostro ordinamento giuridico. 
Ed anche perché, l'elemento più critico è quello del cambio del pilota della nuova macchina, alla guida della quale non deve sedere più la tecnocrazia sanitaria, ma una Politica (con la P maiuscola) capace di governare in modo integrato politiche sanitarie, politiche economiche, politiche fiscali, politiche ambientali, politiche di coesione sociale, politiche del lavoro, politiche dell'istruzione, politiche della ricerca. facendole convergere sulla salute non più considerata come cura della malattia. ma come investimento sul benessere del cittadino.


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